Come noto, nel 2008 il Testo Unico con l’introduzione dell’articolo 299 ha codificato in una norma di legge il principio di effettività – coniato e da sempre applicato dalla giurisprudenza – con specifico riferimento ai ruoli di datore di lavoro, dirigente e preposto.
In particolare, l’art.299 del D.Lgs. 81/08 (“Esercizio di fatto di poteri direttivi”) prevede che “le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e) [datore di lavoro, dirigente e preposto, n.d.r.] gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti.”
A partire dal 2008 in poi, questa norma è stata oggetto di interessanti interpretazioni e applicazioni da parte della giurisprudenza.
Vi sono infatti varie sentenze della Cassazione Penale – che hanno richiamato espressamente l’articolo 299 del Testo Unico – aventi ad oggetto situazioni in cui vi è un datore di lavoro “di fatto” e un datore di lavoro “di diritto”, un preposto “di fatto” e un preposto “di diritto” e così via, o aventi ad oggetto i criteri di individuazione “in concreto” del datore di lavoro, del dirigente e del preposto nei casi in cui l’imputato sia un soggetto sprovvisto di investitura formale il quale eserciti in concreto i poteri direttivi che le corrispondenti definizioni ricollegano rispettivamente a ciascuno di tali soggetti.
Ancora, vi sono sentenze che entrano nel merito di cosa si intenda per “investitura formale” e di come vada interpretato e applicato l’avverbio “altresì” che è contenuto nell’articolo 299 (“le posizioni di garanzia…gravano “altresì” su colui il quale…”).
Vediamone qualcuna, senza pretese di esaustività, partendo dalle pronunce che illustrano e dettagliano il principio contenuto nell’art. 299 fino ad arrivare ad ulteriori ed interessanti sentenze che forniscono esempi concreti delle ricadute pratiche dell’applicazione di tale norma.
– L’art. 299 del T.U. “ha codificato il principio di effettività”: l’individuazione dei soggetti obbligati “deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto”
In una recente sentenza di qualche mese fa (Cassazione Penale, Sez. IV, 23 settembre 2016 n. 39499)la Corte richiama il principio di effettività quale “principio testualmente e positivamente previsto dall’art. 299 del D.Lgs. n. 81/2008 in tema di esercizio di fatto di poteri direttivi.”
Secondo la Cassazione, “con tale norma il legislatore ha, invero, codificato il principio di effettività,elaborato dagli interpreti, al fine di individuare i titolari della posizione di garanzia, secondo un criterio di ordine sostanziale e funzionalistico.
In altri termini, l’individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto, ossia alla sua funzione formale (cfr. sez. 4, n. 10704 del 19/03/2012).”
– Il “committente concretamente ingeritosi nei lavori” e l’articolo 299
Un principio analogo è stato applicato al committente dei lavori anche da Cassazione Penale, Sez.IV, 25 agosto 2015 n. 35534,secondo cui nel caso specifico “la qualità di committente del G.P. ed anzi di committente concretamente ingeritosi nell’esecuzione dei lavori, perché da lui stesso coordinati e gestiti (…), si desume dal diretto coordinamento del cantiere svolto dall’imputato, secondo quanto dal medesimo dichiarato e ulteriormente dedotto dalla telefonata che egli fece al venditore della merce ritirata dal G. per rassicurarlo in merito al pagamento del materiale nonché dai contatti presi con la vittima il giorno precedente il sinistro.”
Infatti – precisa la Corte – “in tema di violazioni prevenzionistiche vige il principio di effettività, oggi assurto a dignità di norma del diritto positivo con l’art.299 d.lgs. n. 81/2008;principio in forza del quale una determinata qualità di rilievo prevenzionistico va affermata non solo sulla base del dato formale ma anche sulla scorta del ruolo concretamente assunto dal soggetto.”
–Datore di lavoro di fatto e datore di lavoro di diritto. L’art.299, usando l’avverbio “altresì”, attribuisce una “responsabilità in via concorrente (e non esclusiva)” a chi esercita in concreto i poteri e a chi ha una posizione formale, pur se “meramente apparente”
Del rapporto tra datore di lavoro “di fatto” e datore di lavoro “di diritto” – in termini di accertamento del ruolo e delle responsabilità – si sono occupate due interessanti sentenze, complementari tra loro.
In una sentenza di quest’anno (Cassazione Penale, Sez.VII, 1° agosto 2016 n. 33799),la Corte rigetta il ricorso dell’imputato (datore di lavoro formale) il quale sosteneva che “la carica di amministratore di diritto non è di per sé sufficiente a fondare la responsabilità penale per i reati commessi nell’esercizio dell’impresa quando la gestione di quest’ultima appartiene nella sua integralità ad altra persona che la esercita di fatto (nel caso in esame il cognato che gli aveva chiesto il favore di intestarsi l’amministrazione della società).”
La Cassazione giudica infondata tale argomentazione in quanto “è vero – come ricorda anche il ricorrente – che, secondo un risalente e consolidato insegnamento giurisprudenziale, peraltro oggi codificato dall’art.299, d.lgs. n. 81 del 2008, la individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro e sull’igiene del lavoro deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto (ossia alla sua funzione formale) (Sez. U, n. 9874 del 01/07/1992, Giuliani, Rv. 191185), ma è altrettanto vero che l’art.299, cit., attribuisce tale responsabilità in via concorrente (e non esclusiva) a chi, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti al datore di lavoro,non escludendo in alcun modo quella di quest’ultimo (il datore di lavoro cioè).”
Infatti – prosegue la Corte – “la responsabilità dell’amministratore della società, in ragione della posizione di garanzia assegnatagli dall’ordinamento, non viene meno per il fatto che il ruolo rivestito sia meramente apparente (così, Sez. 4, n. 49732 del 11/11/2014, Canigiani, Rv. 261181).
L’esegesi della norma, come proposta dal ricorrente, non solo tradisce il suo chiaro tenore letterale, reso evidente dall’uso del termine “altresì”, ma frustra anche la “ratio” sottesa all’onere per il datore di lavoro che intenda validamente trasferire ad altri le proprie responsabilità, di delegare le proprie funzioni nei modi e termini previsti dall’art. 16, d.lgs. n. 81 del 2008.”
In una sentenza dell’anno scorso, (Cassazione Penale, Sez.IV, 16 febbraio 2015 n. 6723),complementare a quella analizzata sopra, “il giudice di primo grado ha affermato che il G. era stato il datore di lavoro di fatto del L., a ciò pervenendo sulla base delle dichiarazioni della persona offesa, che aveva riferito di essere stato ingaggiato telefonicamente dal G. e di aver ricevuto da questi il salario”.
Ma “a fronte di ciò la Corte di appello ha valorizzato dati meramente formali, quali il fatto che la documentazione, tutta formata dopo l’incidente, era stata sottoscritta dalla P. e indicava in questa la datrice di lavoro.”
La Cassazione giudica “illogica”l’argomentazione della Corte d’Appello, “avendo contrapposto ad un accertamento della situazione di fatto un’analisi della situazione “apparente”.”
E precisa dunque la Corte: “è noto che in materia prevenzionistica, il datore di lavoro,titolare degli obblighi prevenzionistici, va individuato siain colui che risulta parte in senso formale del contratto di lavoro sianel soggetto che di fatto assume i poteri tipici della figura datoriale […oggi D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 2, lett. b); ed inoltre il D.Lgs.n.81 del 2008, art. 299].”
Pertanto “ne consegue che l’individuazione di un datore di lavoro “formale” non si pone in contrapposizione con l’eventualità dell’esistenza anche di un datore di lavoro di fatto; sicché affermare l’esistenza di un datore di lavoro sulla scorta di quanto emerge da documenti, nella specie la P. (la cui qualità di proprietaria del fondo non è in alcun modo risolutivo ai fini che qui occupano), non può valere ad escludere che tale ruolo fosse stato in concreto assunto anche dal G.”
– Preposto di fatto e art. 299: “rispetto ad una contestazione che indica chiaramente la “preposizione di fatto”, l’indagine circa la relazione tra il soggetto e l’organigramma dell’impresa” o la mancanza di delega di funzioni non hanno alcuna rilevanza
In Cassazione Penale, Sez. IV, 29 maggio 2014 n. 22246,“al C. era stato ascritto di aver assunto di fatto le funzioni di preposto presso la ditta C. s.r.l. e di aver in tale veste ordinato al dipendente B.O. di salire su un muro di spina dell’immobile visitato per prendere visione dei lavori di ristrutturazione da compiersi successivamente, senza preventivamente segnalare al datore di lavoro le condizioni di pericolo esistenti; sicché al cedimento del muro il lavoratore era caduto a terra riportando lesioni personali…”.
In particolare era stato accertato che “C. avesse assunto il ruolo di preposto di fatto in quanto titolare di adeguata competenza professionale, svolgeva un’ampia gamma di mansioni, sia tecniche che commerciali, con ampi poteri di iniziativa e di impulso, esercitati in piena autonomia,in tale ambito sovrintendeva all’attività lavorativa dei dipendenti dell’impresa, vigilando sulla corretta esecuzione delle opere e delle direttive datoriali o di quelle che egli stesso impartiva, nell’ambito dei sopralluoghi finalizzati al procacciamento di affari o commesse, disponeva direttamente della manovalanza dell’impresa e ne ripartiva i compiti.”
Pertanto “il C. che era tenuto a segnalare tempestivamente al datore di lavoro le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuali, nonché ogni altra situazione di pericolo verificatasi durante il lavoro, secondo il disposto del D.Lgs. n.81 del 2008, art.19.”
La Corte rigetta il ricorso di C. perché, “quanto al nucleo sostanziale del ricorso, esso mostra di sovrapporre la figura del preposto “di diritto”, quale corrisponde alla ricordata definizione normativa, a quella del “preposto di fatto”.
Se per la prima è necessario, tra l’altro, che egli abbia ricevuto un incarico dal datore di lavoro e che abbia ricevuto direttive per l’esecuzione dei lavori (cfr. art. 2 cit), nel caso di assunzione di fatto del ruolo la derivazione della posizione di garanzia dal concreto espletamento dei poteri tipici del preposto segnala che non vi è alcuna preliminare investitura da parte del datore di lavoro.”
E ciò “lo si ricava, oltre che da una analisi strutturale del fenomeno, dalla chiara lettera del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 299[…].”
Secondo la Cassazione, “correttamente, quindi, è stato escluso dai giudici di merito che assumesse rilevanza, rispetto ad una contestazione che indica chiaramente la “preposizione di fatto”, l’indagine circa la relazione tra il C. e l’organigramma dell’impresa C.”
Infine, “per gli stessi motivi non è pertinente il richiamo alla disciplina che la delega di funzioni ha rinvenuto nel D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 16.
Occorre infatti tener distinta la tematica della delega di funzioni prevenzionistiche […] da quella evocata dal “principio di effettività” (D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 299).
Infatti, in tema di tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori può affermarsi che il principio di effettività, se vale ad elevare a garante colui che di fatto assume e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto, non vale a rendere efficace una delega priva dei requisiti di legge; se nonostante tale carenza il delegato verrà chiamato a rispondere del proprio operato sarà in quanto egli ha assunto di fatto i compiti propri del datore, del dirigente o del preposto, e non per la esistenza di una delega strutturalmente difforme dal modello normativo.”
– “Anche un soggetto estraneo all’organigramma aziendale” può essere datore di lavoro di fatto o dirigente di fatto, “in presenza di comportamenti ricorrenti, costanti e specifici, dai quali possa desumersi l’effettivo esercizio di funzioni dirigenziali”
Concludiamo con un’ultima sentenza di quest’anno avente ad oggetto l’articolo 299 del D.Lgs. 81/08.
In Cassazione Penale, Sez.IV, 19 luglio 2016 n. 30561,il Tribunale “ha dato atto che dalla acquisita visura storica risultava che l’odierno ricorrente Gr.R., al momento della verificazione dell’incidente, non rinvestiva alcuna carica direttiva formale nell’organigramma della società e, dunque, non figurava, formalmente, come soggetto responsabile della C. srl; ma, pur in difetto di una specifica delega, ha individuato nel predetto il soggetto titolare della posizione di garanzia, sulla base delle seguenti circostanze e rilievi […]:
– in base al generale principio di effettività delle mansioni svolte (principio di elaborazione giurisprudenziale, ma cristallizzato nell’art.299 del d.lgs.n.106/2009 [d.lgs.81/2008, n.d.r.], recante il testo unico della salute e sicurezza sul lavoro), la posizione di garanzia deve gravare su colui che – a prescindere dall’esistenza di un incarico formale e, quindi, pur sprovvisto di regolare investitura – eserciti in concreto i poteri giuridici corrispondenti al datore di lavoro o al dirigente; con la conseguenza che anche un soggetto estraneo all’organigramma aziendale può assumere una dei suddetti ruoli e divenire destinatario della normativa antinfortunistica, in presenza di comportamenti ricorrenti, costanti e specifici, dai quali possa desumersi l’effettivo esercizio di funzioni dirigenziali;
– nel caso di specie, Gr.R., nell’ambito del cantiere del quartiere V., aveva rivestito la qualità di responsabile effettivo della C. srl anche nei confronti dei lavoratori dipendenti delle imprese subappaltatrici (e, quindi, anche nei confronti di Gi.R., dipendente della U. snc) […].”
Pertanto “Gr.R., proprio perché di fatto aveva svolto la qualità di datore di lavoro, era destinatario anche dell’obbligo di garantire la sicurezza dell’ambiente di lavoro dove era stato chiamato ad operare Gi.R.”.
FONTE: PUNTO SICURO