Valutare il rischio CEM per i portatori di dispositivi medici attivi

Valutare il rischio CEM per i portatori di dispositivi medici attivi

 

La valutazione dei rischi derivanti dai campi elettromagnetici per portatori di dispositivi medici impiantabili attivi. I dispositivi AIMD, le interferenze elettromagnetiche, la normativa e le indicazioni per la valutazione del rischio.

Più volte abbiamo ricordato che i lavoratori che portano dispositivi medici impiantabili attivi (Active Implanted Medical Devices, AIMD) risultano maggiormente esposti ai rischi derivanti dai campi elettromagnetici (CEM) nei luoghi di lavoro.

Per quale motivo sono soggetti a rischi particolari? E come valutare il rischio CEM per portatori di dispositivi AIMD?

Per rispondere a queste domande possiamo fare riferimento ad un intervento al corso di formazione “ Il portale agenti fisici e la valutazione dei rischi da agenti fisici: stato attuale e ipotesi di sviluppi futuri” organizzato a Empoli il 12 e 13 aprile 2016 dal Portale Agenti Fisici (PAF).

Nell’intervento “ La valutazione del rischio CEM per portatori di dispositivi medici impiantabili attivi”, a cura di Rosaria Falsaperla (INAIL – Settore Ricerca – Dipartimento Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro ed Ambientale), si indica che con “dispositivo medico impiantabile attivo” si intende “qualsiasi dispositivo medico attivo destinato ad essere impiantato interamente o parzialmente mediante intervento chirurgico o medico nel corpo umano o mediante intervento medico in un orifizio naturale e destinato a restarvi dopo l’intervento”. Ad esempio pacemaker (PMK), defibrillatori (ICD), impianti cocleari, stimolatori neurali (stimolatori spinali, stimolatori nervi periferici, stimolatori cerebrali).

In particolare un PMK, uno stimolatore cardiaco impiantabile, è un dispositivo elettronico “alimentato elettricamente, contenuto in un involucro incapsulante sigillato, in grado di stimolare i battiti cardiaci generando impulsi elettrici che vengono trasmessi al cuore attraverso conduttori isolati impiantati muniti di elettrodi (elettrocateteri)”.

L’intervento si sofferma poi sul funzionamento dei pacemaker, sulle varie tipologie di dispositivo e indica che si possono avere malfunzionamenti da EMI (interferenze elettromagnetiche – ElectroMagnetic Interference) ad esempio per:

inibizione o sincronizzazione con il segnale interferente (frequenze comprese tra circa 2 e 9 Hz); “il pacemaker può confondere il segnale interferente con quello dell’attività cardiaca spontanea e stimolare sincronizzandosi con esso, o inibirsi; se l’interferenza si verifica in assenza di attività cardiaca del paziente, è la condizione che può comportare rischi sanitari più elevati;

commutazione a funzionamento asincrono da EMI (frequenze superiori a circa 9 Hz); si verifica quando i segnali rilevati sono a frequenza troppo elevata per essere generati da un’attività cardiaca naturale; il pacemaker interrompe la modalità di funzionamento “a domanda” stimolando ad una frequenza prefissata”.

L’intervento, che vi invitiamo a leggere integralmente, riporta informazioni sui meccanismi di interferenza e si sofferma sulla normativa.

Riguardo alla normativa si segnala che la Direttiva Comunitaria 90/385/CEE, del 20 giugno 1990, per il riavvicinamento delle leggi degli Stati membri relative ai dispositivi medici impiantabili attivi è stata recepita in Italia tramite il D.lgs. 507/1992 e modificata dalla Direttiva 2007/47/CE del 5 settembre 2007 recepita in Italia tramite il D.lgs. 25 gennaio 2010 n. 37.

Sono riportate poi diverse indicazioni relative alla normativa tecnica.

Ad esempio con riferimento a:

CEI EN 45502-1 del 2000: “Dispositivi medici impiantabili attivi. Requisiti generali per la sicurezza, la marcatura e le informazioni fornite dal fabbricante”;

CEI EN 45502-2-1 (aprile 2005): “Dispositivi medici impiantabili attivi. Parte 2: Prescrizioni particolari per i dispositivi medici impiantabili attivi destinati a trattare la bradiaritmia (pacemaker cardiaci)” (defibrillatori cardiaci EN 45502-2-2; impianti cocleari EN 45502- 2-3; neurostimolatori impiantabili ISO 14708-3; pompe a infusione impiantabili ISO 14708-4).

Ad esempio la norma CEI EN 45502-2-1 “specifica i requisiti e le prescrizioni particolari applicabili ai dispositivi medici impiantabili attivi destinati al trattamento delle bradiaritmie (PMK), al fine di fornire una garanzia di sicurezza sia per i pazienti che per gli utilizzatori”.

Altre normative analizzate sono:

EN 50527-1:2010: “Procedure for the assessment of the exposure to electromagnetic fields of workers bearing active implantable medical devices — Part 1: General”: “documento sulla valutazione del rischio per i lavoratori portatori di dispositivi medici impiantati, nei confronti dei quali la direttiva esige una particolare attenzione senza stabilire le pertinenti misure operative;

EN 50527-2-1:2011: “Procedure for the assessment of the exposure to electromagnetic fields of workers bearing active implantable medical devices — Part 2-1: Specific assessment for workers with cardiac pacemakers”.

Riguardo alla norma CEI EN 50527-1, pubblicata nel 2013, si indica che il principale obiettivo è di descrivere “come possa essere eseguita una valutazione del rischio per un lavoratore dipendente portatore di uno o più dispositivi medici impiantabili attivi (AIMD-Employee) ed esposto a campi elettromagnetici. Un primo passo consiste in un’analisi dei rischi semplificata, seguita, se necessario, da una più approfondita valutazione del rischio”.

Si indica poi che le Direttive 90/385/EEC e 2007/47/EC richiedono che i dispositivi medici impiantabili attivi “siano progettati e realizzati in modo tale da eliminare o ridurre al minimo, per quanto è possibile, i rischi connessi con condizioni ambientali ragionevolmente prevedibili, come i campi magnetici, effetti da interferenze elettromagnetiche esterne e scariche di elettricità statica”.

L’intervento si sofferma poi sulla norma EN 50499 “Procedure for the assessment of the exposure of the workers to electromagnetic fields” che introduce il “concetto di identificare le apparecchiature che hanno bassa possibilità di provocare l’esposizione a campi elettromagnetici superiori ai valori limite”. La norma “definisce il processo della valutazione” ed è un documento “cruciale ai fini dell’applicazione della direttiva, in quanto contiene una lista di esclusioni in relazione ad apparati o famiglie di apparati che:

– sono intrinsecamente aderenti ai limiti della direttiva;

– rispettano standard di prodotto ispirati alla direttiva”.

Rimandando alla lettura delle altre parti relative alla descrizione della norma EN 50527-1, segnaliamo che l’intervento riporta infine delle indicazioni di base per la valutazione dei rischi.

Innanzitutto occorre “accertare quali apparecchiature e attività sono presenti nel luogo di lavoro e se ci siano lavoratori che indossano AIMD. È opportuno osservare che non tutti i lavoratori dichiarano di indossare AIMD e l’esperienza dimostra che fino al 50% dei dipendenti tende a non fornire questa informazione per timore che possa influire sul loro lavoro. Il datore di lavoro dovrà tener conto di questa riluttanza al momento in cui richiede questo tipo di informazione”.

Si indica poi che gli impianti attivi più vecchi “potrebbero non vantare la stessa immunità alle interferenze da campi elettromagnetici dei dispositivi moderni” e che “occasionalmente tuttavia ci sono i motivi medici per impiantare l’AIMD in una configurazione non standard o per utilizzare impostazioni non standard, il che può giustificare avvertenze speciali”.

L’approccio della valutazione generale segue in particolare quello previsto dall’EN 50527-1 e si “basa sui requisiti relativi all’immunità delle norme armonizzate per gli AIMD. L’interferenza pertanto non dovrebbe verificarsi a condizione che i campi, diversi dai campi magnetici statici, non superino i valori istantanei dei livelli di riferimento della raccomandazione (1999/519/CE) del Consiglio. L’AIMD deve inoltre rimanere esente dall’influenza dei campi magnetici statici inferiori a 0,5 mT”.

Chiaramente in alcune situazioni potrebbe essere necessario effettuare una valutazione specifica. Ciò si verificherà “probabilmente quando:

– “i lavoratori sono portatori di AIMD più vecchi;

– ai lavoratori sono state comunicate avvertenze speciali;

– è difficile adeguare la postazione di lavoro o le attività lavorative per garantire che l’esposizione non superi i livelli di riferimento di cui alla raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio”.

Concludiamo segnalando che l’intervento riporta infine alcuni esempi e approfondimenti, ad esempio in relazione a: campi statici e pacemaker; campi a 50 Hz e pacemaker; telefoni cellulari GSM e pacemaker; stazioni radio base e PMK; impianti radio TV e PMK; Wi-fi; RFID.

Il link del Portale Agenti Fisici (PAF)

La valutazione del rischio CEM per portatori di dispositivi medici impiantabili attivi”, a cura di Rosaria Falsaperla (INAIL – Settore Ricerca – Dipartimento Medicina, Epidemiologia, Igiene del Lavoro ed Ambientale), intervento al corso di formazione “Il portale agenti fisici e la valutazione dei rischi da agenti fisici: stato attuale e ipotesi di sviluppi futuri” (formato PDF, 5.38 MB).

 

FONTE: PUNTO SICURO

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